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Prof. Edoardo Mannucci

I nuovi farmaci per l’obesità: un problema risolto o un nuovo problema?

Autore: Prof. Edoardo Mannucci

Professore Associato di Endocrinologia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Dipartimento di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche
 
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CAREGGI
Dipartimento di Medico Geriatrico
Direttore SODc Diabetologia e Malattie Metaboliche

La storia dei farmaci per l’obesità è sempre stata molto travagliata. Nel corso del tempo, sono state introdotte nuove molecole, che poi sono state quasi tutte abbandonate: alcune perché poco efficaci, altre perché davano risultati solo transitori, altre ancora per gli effetti collaterali. Diversi farmaci sono stati ritirati dal commercio perché provocavano dipendenza (e alcuni sono oggi classificati tra le sostanze stupefacenti); altre molecole sono state ritirate perché determinavano un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.

Farmaci e peso corporeo

Solo negli ultimi anni abbiamo finalmente trovato alcuni farmaci che sono in grado di ridurre il peso con ottima efficacia e con una buona tollerabilità. Si tratta di molecole che simulano l’effetto di ormoni prodotti dal nostro intestino dopo i pasti, il Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1) e il Glucose-dependent Insulinotropic Peptide (GIP), agendo sul sistema nervoso centrale e provocando sazietà. In questo modo, si riduce l’assunzione di cibo e quindi il peso corporeo; la stimolazione del recettore del GIP potrebbe avere anche qualche modesto effetto sul consumo di energia, ma questo sembra essere meno rilevante. Le due molecole più interessanti per la perdita di peso sono la semaglutide, che è un agonista del GLP-1, e la tirzepatide, un doppio agonista GLP-1/GIP. Ambedue i farmaci, che vengono somministrati una volta alla settimana per iniezione sottocutanea, sono stati inizialmente sviluppati per la cura del diabete e solo successivamente (e, per la semaglutide, a dosi superiori) per l’obesità. Nell’indicazione per diabete vengono rimborsati dal sistema sanitario, mentre per l’obesità possono essere acquistati a totale carico del paziente dietro presentazione di ricetta medica.
Questi due farmaci rappresentano una vera svolta nella terapia dell’obesità. Innanzitutto, sono terapie molto efficaci, capaci di far perdere fino al 15-20% del peso iniziale – un’efficacia simile a quella di alcuni interventi chirurgici per l’obesità. Inoltre, nelle persone obese la perdita di peso ottenuta con queste terapie si accompagna ad una serie notevole di benefici di salute, dalla riduzione della glicemia alla riduzione delle apnee notturne, dal miglioramento della steatosi epatica alla riduzione dell’incidenza di infarto e di ictus.

Effetti collaterali dei farmaci

A fronte di questo, gli effetti collaterali sono relativamente contenuti: nausea e vomito, più raramente disturbi intestinali (diarrea o stipsi). È possibile, inoltre, che l’uso di questi farmaci si accompagni ad un moderato aumento del rischio di pancreatite, tumori tiroidei e ischemia del nervo ottico; nelle persone obese, comunque, i vantaggi derivanti dalla perdita di peso superano ampiamente questi pericoli, ed il rapporto tra benefici e rischi risulta essere ampiamente favorevole.
L’approvazione di questi farmaci ha determinato, prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo, un’ondata di entusiasmo sui social network e su mezzi di comunicazione non istituzionale, che ha trasformato semaglutide e tirzepatide in veri prodotti di consumo. Personaggi noti (dalle Kardashian a Elon Musk) si sono prestati, più o meno consapevolmente, a fare da testimonial di vere e proprie campagne comunicative, nelle quali questi farmaci sono stati presentati come una sorta di cosmetici, utilizzati spesso anche da persone non francamente obese a puro scopo estetico. Questo fenomeno è molto pericoloso: se nella persona obesa la perdita di peso sostenuta nel tempo determina vantaggi di salute che sopravanzano ampiamente i rischi connessi all’uso del farmaco, nelle persone normopeso o solo modestamente sovrappeso la terapia non migliora in alcun modo lo stato di salute, ma può comunque determinare, in qualche caso, effetti collaterali gravi.

Terapia breve o lunga?

Un altro aspetto spesso trascurato riguarda il profilo di azione nel tempo dei farmaci dell’obesità. Quando si inizia il trattamento, si osserva una perdita progressiva di peso, che prosegue fino a 12-15 mesi dall’inizio della terapia. Continuando il trattamento, il peso resta stabile; appena si sospende il farmaco, però, il peso inizia a risalire, tornando ai livelli iniziali nell’arco di un paio di anni al massimo. La terapia, quindi, deve essere proseguita a tempo indeterminato. In altri termini, con questi farmaci siamo in grado di curare l’obesità, ma non di guarirla: l’obesità è una condizione cronica (come il diabete, l’ipercolesterolemia o l’ipertensione) che, anche con i farmaci, può essere tenuta sotto controllo, ma che necessita di una terapia cronica a tempo indeterminato.

Conclusioni

Anche con questo limite, i nuovi farmaci per l’obesità sono un grande passo avanti nelle nostre capacità di cura: per la prima volta, abbiamo a disposizione strumenti terapeutici diversi dalla chirurgia in grado di ridurre in maniera sostanziale e a lungo termine l’entità del sovrappeso nelle persone obese. Il costo ancora piuttosto elevato dei farmaci ne limita, al momento, le possibilità di utilizzo esteso; possiamo però già immaginare un futuro in cui anche l’obesità, come il diabete o l’ipertensione, potrà essere efficacemente controllata con i farmaci nella maggior parte delle persone che ne sono affette. In questa fase, però, è necessario sgombrare il campo da usi impropri di molecole preziose, molto efficaci ma comunque gravate da alcuni effetti collaterali rilevanti.

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